Una moneta nella tasca della linea
grigia dove luce è bianca
e diventa maschera come una rete
tra le dita e le cime offuscate all’orizzonte,
un dipinto a olio bagnato dagli acquerelli
e dalle tempere che piovono bianche
come un lampo che fa slittare
il ghiaccio sotto i piedi delle auto delle notti
e dei loro figli, un filo di un urlo viola
tra le foglie che piovono
un istante,
ho schiuso la bocca
per accettare le parole dell’albero,
quell’istante, mi ha scelto
come il destino vagabondo
sotto le foglie d’oro
che si scelgono di mandarsi giù
tra l’autunno e l’inverno.
Si scelgono per volare
giù, lungo le strade delle notti
e dei loro figli, un filo di silenzio d’alluminio
fitto tra i boschi di metalli e di lupanare mute,
angeliche, nascoste dove le dèe che di nascosto portano
giù, le stelle, e lo sbavato rossore sulle guance
dei freddi stemperati tramutati tramonti,
si scelgono per farsi cadere
giù, foglie d’oro e bianche,
angeliche, nascoste come dèe
d’acqua e d’aria, sfregiate dal fuoco
notturno delle candele che non hanno cera
non hanno fiamma né volto né viso,
solo occhi – mille e mille ancora –
che si aprono e si chiudono tutti insieme
– mille e mille ancora –
come passi dei tuoni, gambe di fulmini
la cui madre non è estate,
ma ha lo zucchero tra le ciglia nere
e folte
– mille e mille ancora –
zucchero sugli occhi delle donne.
#poesia
Giorgia Spurio (c)
Ascoltando: Elisa – Se piovesse il tuo nome