Capitolo XV – estratto dal romanzo “Gli Occhi degli Orologi”

occhi - card - incontro

Corro.

«Aspetti» urlo. «Scusi».

Si volta.

Le gambe indolenzite si piegano.

Sento salire il singhiozzo, quello che mi percuote come l’ansia.

«Posso esserle utile?» mi chiede.

«Io…» balbetto.

Sento il sudore gelarsi sui palmi delle mani.

Lo scricchiolio delle ossa nell’aria è quasi percettibile.

«Le chiedo scusa», inizio a parlare, guardando in basso. «Lei mi crederà pazza» dichiaro, attorcigliando le dita lungo le ciocche dei capelli, «ma ho bisogno di sapere il suo nome».

Sento il suo sguardo sulle guance. Il calore sul viso lotta con il vento freddo dell’inverno vicino.

Trovo il coraggio di alzare gli occhi. Incontro i suoi, che accolgono tutte le sfumature di un autunno dimenticato, sfuggito.

Li sgrana. Scoppia a ridere. Alza la mano e si presenta. «Frédéric».

Tentenno e gli rispondo al sorriso: «Julienne».

«Ora che sai il mio nome, cosa è cambiato?»

Arrossisco. Mi parla dandomi del tu.

«Almeno adesso so che tornando a casa non dovrò pentirmi di non averti mai chiesto il nome».

Noto un lieve rossore in cima ai suoi zigomi.

Il cielo porta su di sé il buio e il suono delle polveri che volteggiano.

«Posso offrirti un caffè o un tè?»

Ha la voce calda e sicura. È dolce e ammaliante.

«Volentieri».

Scosto gli occhi, a momenti mi sembra di non riuscire a tenere il suo sguardo. Intenso, capace forse di leggermi dentro.

«Perché mi hai inseguito?» mi domanda, mentre ci incamminiamo.

Sbalordita, fisso un punto lontano del viale.

«Mi ha colpito il tuo sorriso. Non potevo non conoscere una persona con il tuo sorriso. È difficile incontrare uomini che sappiano sorridere, soprattutto che lo facciano in una maniera spontanea e gentile». Parlo buttando fuori tutti i pensieri insieme, senza interruzioni.

«Tu mi hai aiutato sulle scale, e lo hai fatto sorridendo. Dopodiché la tua voce mi ha incantata».

Mi blocco e cerco di non guardarlo.

«Che cosa ha la mia voce?». Il suo tono è incuriosito.

«È…», mi viene da pensare a un semplice aggettivo, «paterna», ma cambio e opto per un’altra parola. «Dà sicurezza. È protettiva».

«Mai nessuno me lo aveva fatto notare» risponde ridendo. «Ti ringrazio».

«Senti freddo?» mi domanda.

Un calore misto a timidezza mi riempie le arterie sostituendosi al sangue.

«Un po’» rispondo.

Allora solleva un braccio, con il quale mi circonda poggiandolo sulle mie spalle. Avverto così un calore che si propaga lungo tutta la mia schiena. Il sangue si riempie di adrenalina.

 

Premio Inedito – scheda libro GLI OCCHI DEGLI OROLOGI

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